Dopo ogni guerra
c’è chi deve ripulire.
In fondo un po’ d’ordine
da solo non si fa.
C’è chi deve spingere le macerie
ai bordi delle strade
per far passare
i carri pieni di cadaveri.
C’è chi deve sprofondare
nella melma e nella cenere,
tra le molle dei divani letto,
le schegge di vetro
e gli stracci insanguinati.
C’è chi deve trascinare una trave
per puntellare il muro,
c’è chi deve mettere i vetri alla finestra
e montare la porta sui cardini.
Non è fotogenico,
e ci vogliono anni.
Tutte le telecamere sono già partite
per un’altra guerra.
Bisogna ricostruire i ponti
e anche le stazioni.
Le maniche saranno a brandelli
a forza di rimboccarle.
C’è chi, con la scopa in mano,
ricorda ancora com’era.
C’è chi ascolta
annuendo con la testa non mozzata.
Ma presto lì si aggireranno altri
che troveranno il tutto
un po’ noioso.
C’è chi talvolta
dissotterrerà da sotto un cespuglio
argomenti corrosi dalla ruggine
e li trasporterà sul mucchio dei rifiuti.
Chi sapeva
di che si trattava
deve far posto a quelli
che ne sanno poco.
E meno di poco.
E infine assolutamente nulla.
Sull’erba che ha ricoperto
le cause e gli effetti,
c’è chi deve starsene disteso
con una spiga tra i denti,
perso a fissare le nuvole.
[da «La fine e l’inizio», traduzione di Pietro Marchesani]
Quello che ci racconta la poetessa polacca è un affaccio sul domani. Dopo ogni “guerra”… bisognerà cominciare da zero. Arriverà quel momento, ancora non si sa quando, ma arriverà, e sarà più dura di quanto immaginiamo. Bisognerà semplicemente ripartire e ognuno nel suo piccolo dovrà cominciare a fare ordine, ripartendo da un cumulo di macerie. Non ci sarà nulla di lirico, né teatrale nella ricostruzione, perché, come dice la Szymborska, “non è fotogenico e ci vorranno anni”.
Contenuta nell’incredibile album “Little Creatures” dei Talking Heads del 1985, questa è una canzone magicamente esaltante. Direi quasi il pezzo perfetto per caricarsi verso un futuro ignoto fatto di nuove strade e piccoli e grandi cambiamenti. Un pezzo pop impreziosito dai cori e da un ritmo che corre, incede, cresce sempre di più mostrandosi affine, proprio con il suo crescendo, al senso di incertezza ed eccitazione per via dell’ incognita che ci riserva il futuro…
A DOMANI
La poesia mi fa piangere e già ho lacrimato abbastanza questi giorni . Mi sento strana ! Il mio cervello è un brulichio , ho bevuto un bel bicchiere di rosso. Ho mangiato una pagnotta di pane nero e mi piace il bianco. Oggi è freddo solo che io per protesta risparmio sul gas . Corro a prendere l’imbottita ,la radio va …❣️
“Oggi è freddo solo che io per protesta risparmio sul gas”
Ti posso garantire che sto facendo il tuo stesso ragionamento anche io risparmio sul gas… e ho messo un maglione in più. E nel letto ho imparato ad usare la boulle dell’acqua calda! Temo salassi economici alla mia persona… io penso che un po’ tutti ci sentiamo strani e abbiamo il cervello un po’ che brontola parole senza senso perché non siamo neanche ancora veramente usciti da questa maledetta pandemia che già ci troviamo completamente sprofondati in un altro nemico
Che non solo capiamo ancora meno del precedente ma che questa volta ci guarda negli occhi e ci sfida con cattiveria. La sensazione che sia tutto precario davvero genera terrorismo e impotenza. La radio è andata quasi tutto il giorno adesso è il turno della televisione … ho bisogno di distrarre la mente occupando gli occhi! 💖
Un quadro perfetto che rispecchierà il domani e le sue macerie, è da brividi questa poesia di Wislawa, una poetessa che adoro!!! Anche il brano musicale lo hai descritto molto bene!!! A domani 😘
È un periodo in cui il mio cervello non sta fermo per nulla!🤦🏻♀️ grazie Giusy e buona notte💖